IL SECOLO XIX -
Sei anni di inchieste e polemiche
Genova, 15 Dicembre 2007
La morte di Carlo Giuliani torna, in questa giornata decisiva
nell'interpretazione dei fatti del G8, non solo nella ritualità un po'
sterile e prevedibile degli slogan. Con Francesco Storace (La Destra) che
invoca «togliete la lapide a lui intitolata dal Senato» e Luana Zanella
(Verdi) che gli risponde a stretto giro di posta: «Hai esagerato, scusati
con la famiglia Giuliani». Questa è un'altra storia ed è una storia tutta
politica, una storia che dura da sei anni opponendo la solita visione
manichea delle fazioni italiane. Visione delle cose del mondo, figuriamoci
di due giorni di G8 nel luglio 2001. Da una parte la colpa è solo della
brutalità delle forze dell'ordine, dall'altra solo della violenza di una
parte non residuale di contestatori che ha messo a ferro e fuoco la città.
Dire che sono accadute entrambe le cose contemporaneamente, che la città
ha negli occhi sia le teste spaccate della scuola Diaz, sia le barricate,
le vetrine sfasciate, i cassonetti in fiamme, le auto ribaltate, gli
assalti alle caserme, non è una posizione popolare né procura facili
entusiasmi, ma è quel che è accaduto e che il Secolo XIX in questo
difficile e interminabile dopo G8 ha sempre cercato di raccontare.
E allora facciamo un passo indietro. A quel pomeriggio del 20 luglio 2001,
quando Carlo Giuliani viene colpito a morte in piazza Alimonda mentre sta
per lanciare un estintore contro una camionetta dei carabinieri. C'è anche
quel momento, nella sentenza di ieri. C'è, con più chiarezza, a pagina 10
del dispositivo della sentenza, in cui si dice che Massimiliano Monai e
Luca Finotti (al di là delle condanne detentive) dovranno risarcire i
danni a Filippo Cavataio. Cavataio era il carabiniere che guidava il
Defender dell'Arma preso di mira dall'uomo con la trave (Monai) e dai suoi
amici. Per Monai c'è anche il reato di lesioni gravi.
Così la storia si chiude, almeno per questo episodio, e la verità
giudiziaria si salda perfettamente con la decisione di non processare (per
legittima difesa e uso legittimo delle armi) Mario Placanica, il
carabiniere che sparò in piazza Alimonda. Questo è quello che la
magistratura genovese ha fino a oggi sentenziato. E, piaccia o no, è la
stessa magistratura che ha avuto il coraggio di mettere sotto processo i
più alti gradi della polizia italiana per altre vicende di soprusi e
sciagurati comportamenti, come Diaz e Bolzaneto.
Di più. Differenziando in maniera quasi chirurgica le differenti
situazioni, il tribunale di Marco Devoto ha preso una seconda decisione
coraggiosa. Separare gli scontri di strada avvenuti in via Tolemaide, dopo
la carica delle forze dell'ordine (siamo al pomeriggio del 20 luglio)
dagli altri vandalismi. Riconoscendo una peculiarità a quegli scontri e
rimandando gli atti al pm perché indaghino sulla falsa testimonianza di
quattro esponenti delle forze dell'ordine. Tradotto: non è ancora chiaro
perché siano partite le cariche, chi le abbia ordinate e perché. Altra
cosa sono le scorribande che hanno seminato distruzione e terrore per la
città.
Un piano preordinato e organizzato di devastazioni. Iniziato alle dieci
della mattina all'incrocio tra corso Torino e corso Buenos Aires. A
quell'ora un gruppo di black bloc (ma le indagini riveleranno che tra di
loro ci sono anche Vincenzo Vecchi e Marina Cugnaschi, tra coloro che
hanno subito le condanne più gravose) devastano le impalcature che
fasciano un distributore di benzina in ristrutturazione e utilizzano i
tubi innocenti per sfasciare tutto. Inizia in quel momento tutta una serie
di violenze che si protrarranno per ore.
Ora c'è una sentenza che fissa, giungendo prima di altre, una delle verità
(giudiziarie) del G8. Le altre arriveranno con l'anno venturo e
definiranno le colpe (giudiziarie) delle forze dell'ordine. Alla politica
rimangono le contrapposizioni e l'incapacità di dare risposte. Con una
commissione d'inchiesta parlamentare che rimane una questione di bandiera,
ma che ha davanti a sé due strade (se mai verrà): un soliloquio, se
l'opposizione di centrodestra la diserterà, o una gazzarra. Continua a
chiederla Haidi Giuliani, senatrice di Rifondazione e madre di Carlo, ed è
comprensibile: «Sono sconvolta dalla sentenza perché i ragazzi sono stati
giudicati come delinquenti abituali». La richiesta di una commissione
viene da tutta la Cosa Rossa e Rifondazione attacca, mentre l'Udc chiede
se ne istituisca una «sui no global».
Forza Italia, che approva la «esemplare sentenza», ritiene invece che a
questo punto un organismo di indagine sia inutile. Per il vice
coordinatore azzurro Fabrizio Cicchitto, «è stata resa giustizia a una
città messa a ferro e a fuoco». Di tutt'altra opinione il presidente dei
senatori di Rifondazione, Giovanni Russo Spena, secondo il quale si tratta
di una sentenza «incomprensibile e a questo punto è indispensabile
procedere alla costituzione della commissione d'inchiesta», mentre il
deputato no global Francesco Caruso invita tutti a «scendere in piazza per
manifestare contro la sentenza». Gianni Plinio, An, consigliere regionale,
attacca: «Sentenza di un tribunale coraggioso, che fa giustizia delle
stumentalizzazioni dei Don Gallo e dei giottini». E poi?
«Cosa è accaduto a Genova lo dichiarò Amnesty International: la
sospensione della democrazia. Nessuno può oggi riscrivere la Storia». Così
Vittorio Agnoletto, europarlamentare Sinistra Europea ed ex portavoce del
Genoa Social Forum, e Antonio Bruno, consigliere comunale Genova Sinistra
Europea, commentano.